domenica 18 giugno 2017

Papa Francesco, Veglia di preghiera di Pentecoste in occasione del "Giubileo d'oro" del Rinnovamento Carismatico Cattolico

Roma, Circo Massimo, 3 giugno 2017





Fratelli e sorelle, grazie della testimonianza che voi date oggi, qui: grazie! Ci fa bene a tutti, fa bene anche a me, a tutti!
Nel primo capitolo del libro degli Atti degli Apostoli leggiamo: «Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo» (1,4-5)‎.
«E mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (At 2,1-4)‎.
Oggi siamo qui come in un Cenacolo a cielo aperto, perché non abbiamo paura: a cielo aperto, e anche con il cuore aperto alla promessa del Padre. Siamo riuniti “tutti noi credenti”, tutti quelli che professiamo che “Gesù è il Signore”, “Jesus is the Lord”. Molti sono venuti da diverse parti del mondo e lo Spirito Santo ci ha riuniti per stabilire legami di amicizia fraterna che ci incoraggino nel cammino verso l’unità, l’unità per la missione: non per stare fermi, no, per la missione, per proclamare che Gesù è il Signore - “Jesús es el Señor” -, per annunciare insieme l’amore del Padre per tutti i suoi figli. Per annunciare la Buona Novella a tutti i popoli. Per dimostrare che la pace è possibile. Non è tanto facile dimostrare a questo mondo di oggi che la pace è possibile, ma nel nome di Gesù possiamo dimostrare con la nostra testimonianza che la pace è possibile! Ma è possibile se noi siamo in pace tra noi. Se noi accentuiamo le differenze, siamo in guerra tra noi e non possiamo annunciare la pace. La pace è possibile a partire dalla nostra confessione che Gesù è il Signore e dalla nostra evangelizzazione in questo cammino [di unità]. E’ possibile. Mostrando che abbiamo differenze - questo è ovvio, abbiamo differenze -, ma che desideriamo essere una diversità riconciliata. Ecco, questa parola non dobbiamo dimenticarla ma dirla tutti: diversità riconciliata. E questa parola non è mia, è di un fratello luterano. Diversità riconciliata.
Ed ora siamo qui, e siamo molti! Ci siamo riuniti a pregare insieme, a chiedere la venuta dello Spirito Santo sopra ciascuno di noi, per uscire nelle vie della città e del mondo a proclamare la signoria di Gesù Cristo.
Il Libro degli Atti afferma: «Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (2,9-11)‎. Parlare nella stessa lingua, ascoltare, capire… Ci sono le differenze, ma lo Spirito ci fa capire il messaggio della risurrezione di Gesù nella nostra propria lingua.
Siamo riuniti qui credenti provenienti da 120 Paesi del mondo, a celebrare la sovrana opera dello Spirito Santo nella Chiesa, che prese l’avvio 50 anni fa e diede inizio…a una istituzione? No. A una organizzazione? No. A una corrente di grazia, alla corrente di grazia del Rinnovamento Carismatico Cattolico. Opera che nacque… cattolica? No. Nacque ecumenica! Nacque ecumenica perché è lo Spirito Santo che crea l’unità ed è il medesimo Spirito Santo che diede l’ispirazione perché fosse così. E’ importante leggere le opere del cardinale Suenens su questo, è molto importante.
La venuta dello Spirito Santo trasforma uomini chiusi a causa della paura in coraggiosi testimoni di Gesù. Pietro, che aveva rinnegato Gesù tre volte, ricolmo della forza dello Spirito Santo proclama: «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36).‎ E questa è la professione di fede di ogni cristiano! “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che è stato crocifisso”. Siete d’accordo su questa professione di fede? [rispondono: Sì!] E’ la nostra, di tutti, tutti, la stessa!
La Parola prosegue dicendo: «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45). Vendevano e aiutavano i poveri. C’erano alcuni “furbi” – pensiamo ad Anania e Saffira – sempre ce ne sono, ma tutti i credenti, la maggioranza, si aiutavano. «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (At 2,46-47). La comunità cresceva, e c’era lo Spirito che ispirava. A me piace tanto pensare a Filippo, quando l’angelo gli disse: “Va’ sulla strada di Gaza e trova quel proselito, ministro dell’economia della regina di Etiopia, Candace”. Era un proselito e leggeva Isaia. E Filippo gli spiegò la Parola, proclamò Gesù, e quello si convertì. E a un certo punto, disse: “Qui c’è dell’acqua: voglio essere battezzato”. Era lo Spirito che spinse Filippo ad andare là, ed è stato dall’inizio lo Spirito a spingere tutti i credenti a proclamare il Signore.
Oggi abbiamo scelto di riunirci qui, in questo luogo – lo ha detto il pastore Traettino – perché qui, durante le [antiche] persecuzioni vennero martirizzati dei cristiani, per il divertimento di quelli che stavano a guardare. Oggi ci sono più martiri di ieri! Oggi ci sono più martiri, cristiani. Quelli che uccidono i cristiani, prima di ucciderli non domandano loro: “Tu sei ortodosso? Tu sei cattolico? Tu sei evangelico? Tu sei luterano? Tu sei calvinista?”. No. “Tu sei cristiano?” – “Sì”: sgozzato, subito. Oggi ci sono più martiri che nei primi tempi. E questo è l’ecumenismo del sangue: ci unisce la testimonianza dei nostri martiri di oggi. In diversi posti del mondo il sangue cristiano viene sparso. Oggi è più urgente che mai l’unità dei cristiani, uniti per opera dello Spirito Santo, nella preghiera e nell’azione per i più deboli. Camminare insieme, lavorare insieme. Amarci. Amarci. E insieme cercare di spiegare le differenze, metterci d’accordo, ma in cammino! Se noi rimaniamo fermi, senza camminare, mai, mai ci metteremo d’accordo. E’ così, perché lo Spirito ci vuole in cammino.
50 anni di Rinnovamento Carismatico Cattolico. Una corrente di grazia dello Spirito! E perché corrente di grazia? Perché non ha né fondatore, né statuti, né organi di governo. Chiaramente in questa corrente sono nate molteplici espressioni che, certo, sono opere umane ispirate dallo Spirito, con vari carismi, e tutte al servizio della Chiesa. Ma alla corrente non si possono porre dighe, né si può rinchiudere lo Spirito Santo in una gabbia!
Sono passati 50 anni. Quando si giunge a questa età le forze cominciano a declinare. E’ la metà della vita - nella mia terra diciamo “el cincuentazo” -, le rughe diventano più profonde – a meno che tu non ti trucchi, ma le rughe ci sono –, i capelli grigi aumentano, e incominciamo anche a dimenticarci alcune cose…‎
50 anni è un momento della vita adatto per fermarci e fare una riflessione. E’ il momento della riflessione: la metà della vita. E io vi direi: è il momento per andare avanti con più forza, lasciandoci alle spalle la polvere del tempo che abbiamo lasciato accumulare, ringraziando per quello che abbiamo ricevuto e affrontando il nuovo con fiducia nell’azione dello Spirito Santo!
La Pentecoste fa nascere la Chiesa. Lo Spirito Santo, la promessa del Padre annunciata da Gesù Cristo, è Colui che fa la Chiesa, la sposa dell’Apocalisse, un’unica sposa! Lo ha detto il pastore Traettino: una sposa ha il Signore!
Il dono più prezioso che tutti noi abbiamo ricevuto è il Battesimo. Ed ora lo Spirito ci conduce nel cammino di conversione che attraversa tutto il mondo cristiano e che è una spinta in più perché il Rinnovamento Carismatico Cattolico sia un luogo privilegiato per percorrere la via verso l’unità!
Questa corrente di grazia è per tutta la Chiesa, non solo per alcuni; nessuno di noi è il “padrone” e tutti gli altri servi. No. Tutti siamo servi di questa corrente di grazia.
Insieme a questa esperienza, voi ricordate continuamente alla Chiesa la forza della preghiera di lode. Lode che è la preghiera di riconoscenza e azione di grazie per l’amore gratuito di Dio. Può darsi che questo modo di pregare non piaccia a qualcuno, ma è certo che si inserisce pienamente nella tradizione biblica. I Salmi, per esempio: Davide che danzava davanti all’Arca dell’Alleanza, pieno di giubilo… E per favore, non cadiamo nell’atteggiamento di cristiani con il “complesso di Micol”, che si vergognava di come Davide lodava Dio [danzando davanti all’Arca].
Giubilo, allegria, gioia frutto della medesima azione dello Spirito Santo! Il cristiano o sperimenta la gioia nel suo cuore o c’è qualcosa che non funziona. La gioia dell’annuncio della Buona Novella del Vangelo. Gesù nella sinagoga di Nazareth legge il brano di Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr Is 61,1-2). Il lieto annuncio: non dimenticare questo. Il lieto annuncio: l’annuncio cristiano è sempre lieto. Il terzo documento di Malines, “Rinnovamento Carismatico e Servizio all’Uomo”, scritto dal Cardinale Suenens e da Dom Helder Camara, è chiaro: rinnovamento carismatico e anche servizio all’uomo.
Battesimo nello Spirito Santo, lode, servizio all’uomo. Le tre cose sono indissolubilmente unite. Posso dar lode in modo profondo, ma se non aiuto i più bisognosi, non basta. «Nessuno tra loro era bisognoso» (At 4,34), diceva il Libro degli Atti. Non verremo giudicati per la nostra lode ma per quanto abbiamo fatto per Gesù. “Ma Signore, quando lo abbiamo fatto per te? Quando lo avete fatto per uno di questi piccoli, lo avete fatto a me” (cfr Mt 25,39-40).
Care sorelle e cari fratelli, vi auguro un tempo di riflessione, di memoria delle origini; un tempo per lasciarvi alle spalle tutte le cose aggiunte dal proprio io e trasformarle in ascolto e accoglienza gioiosa dell’azione dello Spirito Santo, che soffia dove e come vuole!
Ringrazio la Fraternità Cattolica e la ICCRS per l’organizzazione di questo Giubileo d’Oro, per questa Veglia. E ringrazio ognuno dei volontari che l’hanno reso possibile, molti dei quali si trovano qui. Ho voluto salutare i membri dello staff dell’ufficio quando sono arrivato, perché so che hanno lavorato molto. E non a pagamento! Hanno lavorato molto. La maggioranza sono giovani di diversi continenti. Che il Signore li benedica tanto!
Ringrazio in particolare per il fatto che la richiesta che vi ho fatto due anni fa, di dare al Rinnovamento Carismatico mondiale un unico servizio internazionale basato qui, abbia incominciato a concretizzarsi negli Atti Costitutivi di questo nuovo unico servizio. È il primo passo, ne seguiranno altri, però presto l’unità, opera dello Spirito Santo, sarà una realtà. «Io faccio nuove tutte le cose», dice ‎il Signore (Ap 21,5).‎
Grazie, Rinnovamento Carismatico Cattolico, per quello che avete dato alla Chiesa in questi 50 anni! La Chiesa conta su di voi, sulla vostra fedeltà alla Parola, sulla vostra disponibilità al servizio e sulla testimonianza di vite trasformate dallo Spirito Santo!
Condividere con tutti nella Chiesa il Battesimo nello Spirito Santo, lodare il Signore senza sosta, camminare insieme con i cristiani di diverse Chiese e comunità cristiane nella preghiera e nell'azione per i più bisognosi, servire i più poveri e gli infermi: questo si attendono la Chiesa e il Papa da voi, Rinnovamento Carismatico Cattolico, ma da voi tutti: tutti, tutti voi che siete entrati in questa corrente di grazia! Grazie.

martedì 13 giugno 2017

Li udiamo proclamare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio

Veglia ecumenica di Pentecoste con Papa Francesco,
di Padre Raniero Cantalamessa
Roma, Circo Massimo, 3 giugno 2017

Dagli Atti degli apostoli, capitolo secondo:

“Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: «Che cosa significa questo?». (Atti 2, 5-13).
Questa scena si rinnova oggi tra noi. Siamo venuti anche noi “da ogni nazione che è sotto il cielo” e siamo qui per proclamare insieme “le grandi opere di Dio”.
C’è un importante messaggio da scoprire in questa parte del racconto di Pentecoste. Fin dall’antichità si è capito che l’autore degli Atti – cioè, in primo luogo, lo Spirito Santo! – con questa insistenza sul fenomeno delle lingue ha voluto farci capire che a Pentecoste avviene qualcosa che rovescia quello che era avvenuto a Babele. Questo spiega perché il racconto di Babele di Genesi 11 è inserito tradizionalmente tra le letture bibliche della vigilia di Pentecoste.
I costruttori di Babele non erano, come si pensava un tempo, degli empi che intendevano sfidare Dio, una specie di corrispettivo dei titani della mitologia greca. No, erano degli uomini pii e religiosi. La torre che volevano costruire era un tempio alla divinità, uno di quei templi a terrazze sovrapposte, chiamate ziggurat, di cui restano ancora rovine in Mesopotamia.
Dov’era allora il loro peccato? Ascoltiamo cosa dicono tra loro nel mettersi all’opera: “Dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra” (Gen 11, 4). Martin Lutero fa un’osservazione illuminante a proposito di queste parole:
“Costruiamoci una città e una torre”: costruiamo per noi – non per Dio […]. “Facciamoci un nome”: facciamolo per noi. Non si danno premura che sia glorificato il nome di Dio, essi sono preoccupati di fare grande il proprio nome” .
In altre parole, Dio è strumentalizzato; deve servire alla loro volontà di potenza. Pensavano, secondo la mentalità del tempo, che offrendo sacrifici da una altezza maggiore potevano strappare alla divinità vittorie sui popoli vicini. Ecco perché Dio è costretto a confondere le loro lingue e mandare all’aria il loro progetto.
Questo porta di colpo la vicenda di Babele e dei suoi costruttori vicinissima a noi. Quanta parte delle divisioni tra i cristiani era dovuta al segreto desiderio di farci un nome, di elevarci al di sopra degli altri, di trattare con Dio da una posizione di superiorità rispetto agli altri! Quanta parte era dovuta al desiderio di farsi un nome, o di farlo a quello della propria Chiesa, più che a Dio! Di qui la nostra Babele!
Passiamo ora a Pentecoste. Anche qui vediamo un gruppo di uomini, gli apostoli, che si accingono a costruire una torre che va dalla terra al cielo, la Chiesa. A Babele si parlava ancora una sola lingua e a un certo punto nessuno comprende più l’altro; qui parlano tutti lingue diverse eppure tutti capiscono gli apostoli. Perché? È che lo Spirito Santo ha operato in essi una rivoluzione copernicana.
Prima di questo momento anche gli apostoli erano preoccupati di farsi un nome e per questo discutevano spesso “chi tra loro fosse il più grande”. Ora lo spirito Santo li ha decentrati da se stessi e ricentrati su Cristo. Il cuore di pietra è andato in frantumi e al suo posto batte il “cuore di carne” (Ez 36, 26). Sono stati “battezzati nello Spirito Santo”, come aveva promesso Gesú prima di lasciarli (Atti 1, 8), cioè completamente sommersi dall’oceano dell’amore di Dio effuso su di loro (cf. Rom 5,5).
Sono abbagliati dalla gloria di Dio. Il loro parlare in lingue diverse si spiega anche con il fatto che parlavano con la lingua, con gli occhi, con il volto, con le mani, con lo stupore di chi ha visto cose che non si possono ridire. “Li udiamo proclamare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. Ecco perché tutti li comprendono: non parlano più di se stessi, ma di Dio!
Dio ci chiama ad attuare nella nostra vita la stessa conversione: da noi stessi a Dio, dalla piccola unità che è la nostra parrocchia, il nostro movimento, la nostra stessa Chiesa, alla grande unità che è quella dell’intero corpo di Cristo, anzi dell’intera umanità. È il passo ardito che papa Francesco sta spingendo noi cattolici a fare e che i rappresentanti di altre Chiese qui convenuti mostrano di volere condividere.
Già san’Agostino aveva messo in chiaro che la comunione ecclesiale si realizza per gradi e può avere diversi livelli: da quello più alto che consiste nel condividere sia i sacramenti esterni che la grazia interiore dello Spirito Santo, a quello meno completo che consiste nel condividere lo stesso Spirito Santo. San Paolo abbracciava nella sua comunione “tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro” (1 Cor 1,2). Una formula che dobbiamo forse riscoprire e tornare a valorizzare. Essa ci permette di estendere la nostra comunione anche ai fratelli Ebrei messianici.
Il fenomeno pentecostale e carismatico ha una vocazione e una responsabilità particolari, nei confronti dell’unità dei cristiani. La sua vocazione ecumenica appare ancora più evidente, se ripensiamo a ciò che avvenne all’inizio della Chiesa. Come fece il Risorto per spingere gli apostoli ad accogliere i pagani nella Chiesa? Dio mandò lo Spirito Santo su Cornelio e la sua casa nello stesso modo e con le stesse manifestazioni con cui lo aveva inviato all’inizio sugli apostoli. Sicché a Pietro non rimase che tirare la conclusione: “Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?” (At 11,17). Al concilio di Gerusalemme, Pietro ripeté questo stesso argomento: “Dio non ha fatto discriminazione tra noi e loro” (At 15, 9).
Ora noi abbiamo visto ripetersi sotto i nostri occhi questo stesso prodigio, su scala, questa volta, mondiale. Dio ha effuso il suo Spirito Santo su milioni di credenti, appartenenti a quasi tutte le denominazioni cristiane e, affinché non ci fossero dubbi sulle sue intenzioni, lo ha effuso con le stesse identiche manifestazioni, inclusa la più singolare che è il parlare in lingue. Anche a noi non resta che tirare la stessa conclusione di Pietro: “Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi, chi siamo noi per continuare a dire di altri credenti cristiani: non appartengono al corpo di Cristo, non sono dei veri discepoli di Cristo”?
* * *
Dobbiamo vedere in che cosa consiste la via carismatica all’unità. San Paolo ha tracciato alla Chiesa questo programma: “Fare la verità con la carità” (Ef 4, 15). Quello che dobbiamo fare non è scavalcare il problema della fede e delle dottrine, per ritrovarci uniti sul fronte dell’azione comune dell’evangelizzazione. L’ecumenismo ha sperimentato, ai suoi inizi, questa via e ne ha costatato il fallimento. Le divisioni riemergono ben presto, inevitabilmente, anche sul fronte dell’azione. Non dobbiamo sostituire la carità alla verità, ma piuttosto tendere alla verità con la carità; cominciare ad amarci per meglio comprenderci .
La cosa straordinaria, circa questa via ecumenica basata sull’amore, e che essa è possibile subito, è tutta aperta davanti a noi. Non possiamo “bruciare le tappe” circa la dottrina, perché le differenze ci sono e vanno risolte con pazienza, nelle sedi appropriate. Possiamo però bruciare le tappe nella carità, ed essere uniti, fin d’ora.
E l’unico “debito” che abbiamo gli uni verso gli altri (cf. Rom 13, 8). Le differenze non possono essere una scusa per non farlo. Cristo non ci ha comandato di amare solo quelli che la pensano come noi, che condividono interamente il nostro credo. Se amate solo costoro, ci ha ammonito, che fate di speciale che non facciano anche i pagani? (cf. Mt 5, 46).
Noi possiamo accoglierci l’un l’altro perché quello che già ci unisce è infinitamente più importante di quello che ancora ci divide. Ci unisce la stessa fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; Gesù Signore, vero Dio e vero uomo; la comune speranza della vita eterna, il comune impegno per l’evangelizzazione, il comune amore per il corpo di Cristo che e la Chiesa.
Ci unisce anche un’altra cosa: la comune sofferenza e il comune martirio per Cristo. In tante parti del mondo, i credenti delle diverse Chiese stanno condividendo le stesse sofferenze, sopportando lo stesso martirio per Cristo. Essi non vengono perseguitati e uccisi perché cattolici, anglicani, pentecostali o altro, ma perché “cristiani”. Agli occhi del mondo noi siamo già una cosa sola, ed è una vergogna se non lo siamo davvero, anche nella realtà.
Come fare, in concreto, per mettere in pratica questo messaggio di unità e d’amore? Ripensiamo all’inno alla carità di san Paolo. Ogni sua frase acquista un significato attuale e nuovo, se applicata all’amore tra membri delle diverse Chiese cristiane, nei rapporti ecumenici:
“La carità è paziente…
La carità non si vanta…
La carità non manca di rispetto…
Non cerca solo il suo interesse [sottinteso: ma anche quello delle altre Chiese]
Non tiene conto del male ricevuto [sottinteso: da altri cristiani, ma piuttosto di quello fatto ad essi] ( l Cor 13,4 ss).
“Beato quel servo -diceva san Francesco d’Assisi in una delle sue Ammonizioni – che si rallegra del bene che Dio fa per mezzo degli altri, come se lo facesse per mezzo suo”. Noi possiamo dire: Beato quel cristiano che è capace di rallegrarsi del bene che Dio fa per mezzo di altre Chiese, come per il bene che fa per mezzo della propria Chiesa.
* * *
Il profeta Aggeo ha un oracolo che sembra scritto per noi in questo momento della storia. Il popolo d’Israele è appena ritornato dall’esilio, ma anziché ricostruire insieme la casa di Dio, ognuno si mette a ricostruire ed abbellire la propria casa. Dio manda allora il suo profeta con un messaggio di rimprovero:
Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco. […] Riflettete bene sul vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore (Ag 1, 4-8).
Dobbiamo sentire come rivolto a noi questo stesso rimprovero di Dio e pentirci. Coloro che ascoltarono il discorso di Pietro il giorno di Pentecoste “si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: ‘Che dobbiamo fare, fratelli?” Pentitevi –fu la risposta dell’apostolo -, dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (Atti 2, 37 s.). Una rinnovata effusione di Spirito Santo non sarà possibile senza un corale movimento di pentimento da parte di tutti i cristiani. Sarà una delle intenzioni principali della preghiera che seguirà questo momento di condivisione.
Dopo che il popolo d’Israele si accinse a ricostruire il tempio di Dio, il profeta Aggeo fu inviato di nuovo al popolo, ma questa volta con messaggio di incoraggiamento e di consolazione:
Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore -, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi […] Il mio spirito sarà con voi, non temete” (Ag 2, 4-5).
La stessa parola di consolazione è rivolta ora a noi cristiani e io ardisco farla risuonare in questo luogo, non come una semplice citazione biblica, ma come parola di Dio viva ed efficace che opera ora e qui quello che significa: “Coraggio, papa Francesco! Coraggio capi e rappresentanti di altre confessioni cristiane! Coraggio popolo tutto di Dio, e al lavoro perché io sono con voi, dice il Signore! Il mio Spirito sarà con voi”.